Testimonianza sulla vita di un Vescovo, Padre di Unità

“A TE, PADRE GIOACCHINO”
“Questo il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12)
Caro Padre Gioacchino,
è trascorso un anno in cui è maturata nella mia vita la consapevolezza di una paternità che mai si è dissolta con la tua scomparsa. Per tanti, oggi, sei il vescovo che ha amato la sua gente con intensità di sentimenti misti tra paternità e amorevolezza, tra passionalità e guida profetica.
Per me, oggi più che mai, quando il tempo rimette in ordine ogni cosa, resti un “padre”, che mi ha accompagnato nel cammino della vita.
Ancora adolescente, in quel lontano 1987, mi accogliesti nella tua casa a Siano. Erano giorni per te carichi di emozioni, da poco avevi accolto la chiamata di Dio a diventare pastore nella valle dell’Agro per volere di San Giovanni Paolo II.
Mi accogliesti con sentimenti paterni, quasi intenerito dalla mia piccola età, e mi proponesti di andare in Seminario a Salerno. Ricordo, ancor oggi, quel 3 ottobre 1987 quando prostrato a terra nel Duomo di San Matteo, ti accingevi a diventare il vescovo Gioacchino, il vescovo dell’unità.
Negli anni di seminario: dal Ginnasio Liceo di Salerno al Seminario Teologico di Napoli, non è mai mancata con puntualità la tua paternità. Era un tuo assillo, padre Gioacchino, vederci assieme come “gemme” di speranza per la nostra chiesa dell’Agro. Le vocazioni erano il tuo tesoro prezioso, che amavi e coltivavi gelosamente. Vivo il ricordo dei tanti momenti vissuti assieme, da seminaristi prima e da sacerdoti poi. Tanti presbiteri della nostra chiesa con te sono stati protagonisti di tanti momenti formativi e più che mai nelle nostre vacanze estive, vissute con te. Tra i tuoi tanti impegni pastorali, ritagliavi spazi e momenti da condividere con noi. Sembrava rivivere con te, quelle parole di Gesù: “Venite in disparte e riposatevi un po’” (Mc 6, 31).
Non dimentico le tante tappe vissute con te, caro padre Gioacchino. Ci hai condotto dove la chiesa è in trincea, dove potevamo respirare l’aria buona della vita ecclesiale: Assisi sui passi di Francesco; Rimini sull’esempio travolgente di don Benzi; Loppiano nell’amore all’unità di Chiara; Nomadelfia sull’amore evangelico di don Zeno; Alessano sui passi con gli ultimi di don Tonino Bello. Grazie, padre Gioacchino per questo tuo desiderio di farci innamorare di una chiesa dal “volto” bello e coinvolgente.
Mi hai sempre sostenuto nel cammino formativo verso il presbiterato prima e nel sacerdozio poi. Avevi a cuore i giovani sacerdoti, li sostenevi con parole di affetto e di sprono, eri vicino a chi viveva un momento di difficoltà. Ricordo ancora, giovane parroco ad Orta Loreto, una sera tra tante, ti ho visto in fondo alla chiesa, mentre celebravo e tu lì in ginocchio eri in preghiera. Subito pensai: “Cosa avrò fatto di grave perché il vescovo è qui?”, e tu con un sorriso paterno mi dicesti: “Sono venuto a vedere come stavi!”. Grazie, padre Gioacchino!
Verso la fine del 2003, mi chiamasti, dicendomi: “Vieni ti devo parlare!”. Come sempre col cuore in gola, mi domandavo: “Cosa vorrà il vescovo da me?”… e lì nel tuo studio mi chiedesti di poter sostenere il tuo peso nel quotidiano… di diventare con te una cosa sola… “devi farmi da segretario!”. Mi gelai, pensavo: “né sarò all’altezza?” Alla fine sempre con quel volto rassicurante e paterno, con uno schiaffetto sul volto, mi dicesti: “vieni, andiamo dalle suore in cucina, che lo diciamo anche a loro!”.
Da allora, insieme, abbiamo vissuto un cammino di unità, di paternità per te e di figliolanza per me. Nei giorni che ho vissuto affianco a te, caro padre Gioacchino, ho condiviso i tuoi pesi, le tue gioie, le tue preoccupazioni per la nostra chiesa diocesana. I momenti difficili e i momenti belli. Come eri felice per la nomina a vescovo del caro don Franco Alfano. Sì, eri felice come un padre che vede crescere, accompagnare e lasciare andare, come una barca sulle onde del mare, i propri figli.
Nel cuore conservo le nostre chiacchierate post pranzo sul terrazzo del palazzo vescovile, i nostri viaggi in macchina scanditi dalla recita del Rosario e da una risata. Le nostre uscite in giro per la diocesi per visitare sacerdoti e persone amiche. E anche quando dicevo: “Eccellenza, riposate un po’!”, tu mi rispondevi: “Ci sarà tempo per farlo!”.
Un altro ricordo è datato il 31 luglio 2007, memoria di sant’Ignazio di Loyola. Le suore erano partite per un momento di riposo in famiglia, ed io e te eravamo rimasti soli nel palazzo vescovile. Quel giorno non vi erano impegni pastorali se non gli orari di ricevimento in Curia. Al mattino presto, come sempre, celebrammo in cappella e lì seppi della tua decisione di inviarmi come parroco a San Valentino Torio. Le tue parole: “Oggi prego per te, poiché ti nomino parroco di San Valentino!”. Tristezza e gioia in me si mescolarono, ma prevalse in quel momento la tristezza, non volevo lasciare la comunità di Orta Loreto, e né tanto meno te. Ma col quel tuo stile paterno e amorevole, con una pacca sulla spalla, dopo la messa, mi dicesti: “Andiamo in cucina, che ti preparo un bel caffè!” per smorsare quell’aria pensante che era in me. Grazie, padre Gioacchino, hai sempre saputo leggere nel cuore mio e nel cuore di tanti.
E siamo al 2011, quando lasciando il palazzo vescovile, ed accogliendo con spirito di fraternità il tuo successore il vescovo Giuseppe, iniziava per te il “tempo del silenzio”. Un tempo che è stato così fecondo, un tempo nel quale la tua “paternità” è stata da tutti vissuta e cercata, dai sacerdoti e dai fedeli laici. Eri felice quando ricevevi visite di fraternità di sacerdoti, di amici e di tanti fedeli che venivano da diversi luoghi della diocesi e dalla tua amata Siano. Eri affabile e sorridente.
Anche nel “tempo del silenzio”, come un figlio che non può lasciare solo il proprio padre, ho continuato a starti accanto. Quante mattine vissute con te in casa a conversare, oppure per un’uscita fuori porta. La tua meta preferita? Il Santuario della Madonna di Pompei. Per te stare ai piedi della Madonna era una necessità, un amore filiale verso la Mamma celeste; lì ritrovavi i tuoi ricordi di gioventù legati ai tuoi amati genitori e sempre lì si rinnovava l’amicizia nella preghiera con il compianto amico Mons. Francesco Saverio Toppi.
Il tuo “tempo del silenzio” è stato un tempo di grazia per tutti, ma lo è stato ancora di più per le persone accanto a te. Da suor Federica a don Domenico, tutti hanno potuto constatare la santità umile e nascosta della tua esistenza e l’amore all’unità, per te la ragione della tua vita. In questo tempo hai conosciuto anche la fatica della croce, quando in tanti momenti della tua vita, come Simone di Cirene, hai portato la croce con Gesù. Molti i momenti vissuti accanto a te come figlio a sostenere il tuo passo: ora la rottura di un femore, ora l’ischemia, ora la rottura di un braccio, ora la debolezza della tua età. In tutto questo hai sempre rimesso la tua vita nelle mani del tuo Signore e della Madonna. Un giorno mi confidasti di una promessa fatta ai piedi della grotta di Massabielle a Lourdes alla Madonna: “Accetto tutto, qualsiasi sofferenza, purché questa sia per la santità dei miei sacerdoti e per il bene della mia chiesa”. Rabbrividisco ancora al solo pensare a quel momento e a come l’hai incarnato nella tua vita di uomo, crocifisso con Cristo. Anche nella tua sofferenza hai sempre ripetuto il tuo: “Ut unum sint!”. Grazie, caro padre Gioacchino, perché il tuo “Sì” a Cristo è stato fedele fino in cima al tuo calvario.
Un giorno mi consegnasti un biglietto di tuo pugno (che qui sotto allego), scrivendomi, che desideravi che scrivessi una testimonianza sul tuo ministero episcopale a Nocera – Sarno. La tua richiesta mi sembrò alquanto strana, non riuscivo a capire il perché, quasi a raccogliere gli ultimi tasselli della tua vita e metterli in ordine. Ti risposi: “Eccellenza, va bene, poi vi scriverò quanto richiesto!”. Non l’ho mai fatto, perché mi sembra quasi scrivere qualcosa su qualcuno che va via, per precedermi lungo la strada dell’eternità.
Oggi capisco il senso della tua richiesta, oggi tutto è più chiaro, distinguo tutto nitidamente. Volevi, caro mio padre Gioacchino, che potessi dire davanti a Dio, in verità, cosa sei stato per me. Oggi, ti dico che per me sei una presenza di padre amorevole, una testimonianza di pastore santo, e di un uomo innamorato di Cristo e della sua Chiesa, che mi accompagna, ogni giorno, nel mio cammino sacerdotale.
“Muoio felicissimo di essere cristiano, prete e vescovo della Chiesa cattolica e ringrazio quanti mi hanno aiutato a diventare sacerdote ed a vivere questi doni”. È quanto scrivevi nel tuo testamento d’amore e di unità alla tua Sposa: alla Chiesa di Nocera – Sarno. Ed oggi, caro padre Gioacchino, ringrazio io te per quanto in tanti anni hai saputo donare alla mia vita.
Tu non sei lontano, tu sei con me e con quanti hai amato ogni istante, in Cristo Gesù, nostro unico Maestro. Non so quando l’eterno Padre vorrà, ma un giorno ti rivedrò… Per ora prega per me caro vescovo Gioacchino. Con Te ripeto ancora il tuo instancabile: “Ut unum sint”. Come vedi ho mantenuto la promessa!
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